Storia e diffusione dell’aceto
Ogni cibo che portiamo tutti i giorni in tavola ha una storia da raccontare. Ce l’ha il pomodoro venuto dall’America, il finocchio che nell’antichità veniva servito in abbinamento al vino, ce l’ha l’insalata di campo e l’olio extravergine d’oliva. Ha una storia antichissima anche l’aceto.
Le origini dell’aceto
Gli uomini hanno iniziato a produrre l’aceto in tempi antichissimi. Risalire alla sua scoperta non è un compito facile. Come per molte altre invenzioni, si può immaginare che la fermentazione spontanea di un determinato cibo, forse miele, abbia in qualche modo dato vita a una prima madre di aceto. È logico presupporre che questa sostanza filamentosa sia stata adoperata, in seguito, per ottenere altro aceto di miele in una nuova anfora. E così via.
Come veniva utilizzato l’aceto nel passato?
Se vogliamo ricostruire la storia dell’aceto, dobbiamo ricordare che nella Mezzaluna fertile sono stati ritrovati reperti archeologici che testimoniano che Assiri e Babilonesi ricavarono aceto lasciando fermentare naturalmente il miele. Gli antichi Egizi, circa diecimila anni fa, lo trasportavano in vasi e lo adoperavano per conservare i cibi in eccedenza da consumare quando ve ne fosse stato bisogno. Dell’aceto parla la Bibbia rendendoci nota la pratica di utilizzarlo, mescolato con l’acqua, per dissetarsi e rinvigorirsi.
Nell’Antica Grecia si era soliti ottenere una bevanda dissetante aggiungendo al composto di acqua e aceto anche abbondante miele. Ippocrate (noto studioso greco, a cui si riconosce simbolicamente la paternità delle pratiche mediche) scrive nei suoi trattati che l’aceto veniva adoperato per curare le ferite o per risanare le vie respiratorie compromesse dalla malattia.
L’uso dell’aceto era conosciuto anche nell’Antica Roma, mescolato all’acqua e venduto per strada era chiamato posca, piccoli pezzi di pane erano intinti nell’aceto durante il pasto per pulire la bocca tra una portata e l’altra. È a quest’epoca antica che si devono le prime ricette scritte per produrre l’aceto di vino e, soprattutto, le prime ricette in cui l’aceto era adoperato come ingrediente. Il garum era, per esempio, una salsa fermentata (simile nel sapore alla nostra colatura di alici) che conteneva vari ingredienti tra cui l’aceto; il moretum, un’insalata ricca condita proprio con olio e aceto. Nell’aceto venivano conservati pesci fritti, come avviene nell’attuale saor o nella scapece, al fine di conservarli più a lungo.
La maestria nella produzione dell’aceto sopravvisse anche alle invasioni barbariche che decretarono la fine dell’Impero Romano. Nel Medioevo si affinarono le tecniche di produzione, nell’Età Comunale si vennero a creare vere e proprie corporazioni che tutelavano i produttori di aceto, divenuti oramai maestri nel padroneggiare la scelta delle materie prime e le tecniche di realizzazione. L’aceto ottenuto era utilizzato come bevanda ma anche come antibatterico naturale. Veniva adoperato dai primi medici per curare i pazienti e disinfettare gli attrezzi, ma anche dalla gente comune per ridurre la probabilità di contrarre le malattie infettive come la peste e il colera. Era anche utilizzato come prodotto di bellezza per lucidare i capelli o pulire la bocca.
Storia dell’aceto balsamico
Per tracciare la storia dell’aceto più famoso d’Italia, bisogna spostarsi a Modena. È nel XI secolo che questa città diviene il centro della produzione, che fiorisce durante la corte Estense. Occorre però attendere il 1747, perché il pregiato aceto modenese venga chiamato per la prima volta Aceto Balsamico. È grazie al neonato Regno d’Italia che cambia la storia dell’aceto balsamico. Quando Camillo Benso conte di Cavour giunto nel modenese ordina di spostare in terra sabauda tutte le botti di balsamico, assiste sgomento a un lento deperimento dell’aceto. A correre in aiuto della Corona è Francesco Agazzotti, produttore emiliano, che, in una missiva, definisce in forma scritta perla prima volta nella storia le singole fasi per la produzione e la conservazione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Nel XIX secolo, durante le esposizioni universali, il raffinatissimo aceto balsamico italiano diventa famoso in tutta Europa. Sono questi gli anni in cui la nostra famiglia inizia a produrre aceto. Una tradizione giunta oggi alla terza generazione di Maestri Acetai. L’aceto balsamico nel 1983 ottiene la denominazione di origine “Aceto Balsamico Tradizionale di Modena”, mentre è del 2000 la nascita della Denominazione di Origine Protetta (DOP). Infine, nel 2009, l’Unione Europea accoglie nel registro dei prodotti IGP l’Aceto Balsamico di Modena.