Per capire come si fa l’aceto balsamico, è fondamentale definire con esattezza il tipo di prodotto che si desidera ottenere.

In effetti, se utilizzato in maniera generica, il termine “aceto balsamico” può fare riferimento a due tipi diversi di aceto balsamico, ognuno dei quali possiede una propria denominazione specifica:

  1. Aceto Balsamico di Modena IGP (Indicazione Geografica Protetta)
  2. Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta)

Nei prossimi paragrafi li descriveremo entrambi nel dettaglio.

Come si produce l’Aceto Balsamico di Modena IGP

L’Aceto Balsamico di Modena IGP (Identificazione Geografica Protetta) deve rispondere ai requisiti stabiliti dal rispettivo disciplinare di produzione che riguardano:

  • Ingredienti
  • Acetificazione e affinamento
  • Invecchiamento
  • Confezionamento
  • Territorio

Ingredienti

Come abbiamo descritto anche in questo articolo su ingredienti e proprietà dell’aceto balsamico, in base al disciplinare di produzione l’Aceto Balsamico di Modena IGP si ottiene da mosto d’uva parzialmente fermentato e/o cotto e/o concentrato.

Al mosto, che deve essere presente in una quantità minima pari al 20% del prodotto da elaborare, si aggiunge aceto di vino, in una misura minima del 10%, e una parte di aceto vecchio di almeno dieci anni.

Oltre a dover rispettare precisi parametri di concentrazione e acidità, il mosto deve essere ricavato da uve provenienti esclusivamente da vitigni di Sangiovese, Lambrusco, Albana, Trebbiano, Ancellotta, Fortana e Montuni, tipici delle zone di Modena e Reggio Emilia.

Per la stabilizzazione colorimetrica, è possibile aggiungere caramello, fino a un massimo del 2% del volume del prodotto finito.

È infine vietata l’aggiunta di qualsiasi altro tipo di sostanza aromatizzante.

Acetificazione e affinamento

L’elaborazione dell’Aceto Balsamico di Modena può avvenire mediante acetificazione con l’impiego di colonie batteriche selezionate, oppure acetificazione lenta in superficie o lenta a truciolo, che prevede l’utilizzo di un grande tino di legno che contiene, al suo interno, ripiani su cui vengono depositati trucioli di legno o altro materiale poroso, attraversando il quale il mosto si acetifica.

Dopo l’acetificazione, inizia l’affinamento che avviene in barili o tini di diversi tipi di legno (ad esempio castagno, rovere, quercia o gelso). Il periodo minimo di affinamento per l’Aceto Balsamico di Modena IGP è pari a 60 giorni, e viene calcolato dal momento in cui tutti gli ingredienti miscelati vengono avviati a elaborazione.

Al termine dell’affinamento, il prodotto ottenuto viene sottoposto a un esame analitico e organolettico da parte di tecnici e assaggiatori esperti, superato il quale il prodotto viene certificato come Aceto Balsamico di Modena IGP e venduto come tale.

Invecchiamento

Una volta trascorsi 60 giorni di affinamento in tini di legno, l’Aceto Balsamico di Modena può essere sottoposto a ulteriore invecchiamento. Se prosegue oltre i 3 anni, il prodotto finito viene classificato come “invecchiato”.

Confezionamento

L’Aceto Balsamico di Modena viene venduto in contenitori in vetro di varie capacità e su ogni confezione è posta, tra le altre cose, la dicitura Aceto Balsamico di Modena, accompagnata dal marchio di Indicazione Geografica Protetta.

Se il prodotto è stato fatto invecchiare per un periodo superiore ai tre anni, sulla bottiglia compare anche la scritta “Invecchiato”.

Territorio

Secondo il disciplinare di produzione dell’Aceto Balsamico di Modena, tutte le fasi della produzione devono avere luogo all’interno delle province di Modena e di Reggio Emilia. Il prodotto finito può essere, invece, confezionato anche al di fuori della zona geografica di origine.

Come si produce l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP

Il disciplinare di produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP (Denominazione di Origine Protetta) è ancora più vincolante rispetto all’IGP.

Esso, infatti, affonda le sue radici nell’antica tradizione balsamica che, da secoli ormai, caratterizza le zone di Modena e di Reggio Emilia.

Il disciplinare di produzione, depositato presso l’Unione Europea nel 2000, regolamenta i seguenti aspetti:

  • Materia prima e vendemmia
  • Caratteristiche del mosto
  • Cottura e riposo del mosto
  • Fermentazione, maturazione, invecchiamento
  • Ubicazione dell’acetaia
  • Prelievi, travasi e rincalzi
  • Esami analitici e organolettici
  • Confezionamento

Materia prima e vendemmia

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena deve essere ricavato esclusivamente da mosti di uve provenienti dalla provincia di Modena che comprendano le varietà Trebbiano, Pellegrina, Sauvignon, Sgavetta, Barzemino, Occhio di Gatta, Spergola, Ancellotta o Lambrusco.

Al fine di garantire l’eccellente qualità del prodotto finale, le uve devono essere pregiate e avere un’elevata concentrazione zuccherina.

Per questo motivo, la raccolta dei grappoli viene effettuata nei mesi autunnali, quando l’uva è matura e la sua acidità è meno elevata in rapporto al contenuto zuccherino.

Pigiatura, filtraggio e decantazione 

Dopo la raccolta, preferibilmente a mano, i grappoli vengono pigiati in maniera soffice, consentendo così un’adeguata separazione del mosto dalle parti solide e mantenendo basso il tenore dei polifenoli, che rallentano il processo di acetificazione. Dopo essere stato filtrato, il mosto viene lasciato decantare a lungo, in modo da consentire alle parti solide di precipitare sul fondo, lasciando emergere un liquido limpido.

Caratteristiche del mosto d’uva

Il mosto d’uva così ottenuto è costituito per il 75-85% da acqua, nella quale sono sospesi e disciolti vari elementi, tra cui batteri, polifenoli e tannini (coloranti naturali dell’uva), sali minerali (potassio, calcio, ferro), sostanze peptiche (gomme e mucillagini), vitamine, lieviti, zuccheri (glucosio e fruttosio) e acidi organici.

Cottura e riposo del mosto

Entro un giorno dalla pigiatura dell’uva, prima che inizi la sua fermentazione, si procede alla bollitura del mosto filtrato. La cottura, che avviene mediante fuoco diretto e in caldaie aperte, sterilizza il mosto e provoca una forte concentrazione del suo tasso zuccherino, favorendo lo sviluppo di funghi che trasformano a loro volta lo zucchero in alcol, alimentando così gli acetobatteri che sono responsabili della trasformazione dell’alcol in aceto.

Terminata la cottura, il mosto viene trasferito in damigiane di vetro, all’interno delle quali riposa per alcuni mesi.

Fermentazione, maturazione, invecchiamento

Durante queste tre fasi, il mosto bollito, concentrato e limpido, si trasforma in aceto balsamico.

La fase di fermentazione è composta da due momenti che ricoprono un periodo di circa 2 o 3 anni:

  • Fermentazione alcolica che, grazie ai lieviti presenti nel mosto, trasforma parte degli zuccheri in alcol etilico;
  • Biossidazione acetica che, tramite l’azione degli acetobatteri in presenza di ossigeno, favorisce l’ossidazione dell’alcol e la sua trasformazione in acido acetico.

Durante la maturazione, si verificano importanti e complesse trasformazioni enzimatiche grazie alle quali, in un arco di tempo compreso tra 10 e 12 anni, l’aceto balsamico si arricchisce di ulteriori profumi e sapori.

Infine, con l’invecchiamento, che può proseguire anche oltre i 25 anni, complesse trasformazioni chimico-fisiche consentono alle diverse componenti del balsamico di armonizzarsi tra loro in un equilibrio perfetto, sviluppando quelle peculiarità organolettiche che lo contraddistinguono.

Queste fasi richiedono tempi lunghi, batterie di botti adeguate e luoghi idonei in cui, col variare della temperatura, possano innescarsi tutte le reazioni sopra descritte.

Ubicazione dell’acetaia

Da secoli, la tradizione vuole che le batterie di botticelle (disposte in ordine crescente di dimensione) destinate alla produzione dell’aceto balsamico secondo il metodo qui descritto siano ubicate nei sottotetti delle case, in quanto luoghi ventilati e soggetti a forti escursioni termiche tra l’estate e l’inverno, che favoriscono le trasformazioni bio-chimiche dell’aceto.

Oggi, lo stesso vale anche per i sottotetti delle acetaie.

Prelievi, travasi e rincalzi

Una volta che l’aceto balsamico contenuto nelle botti supera gli esami analitici e organolettici, dalla botticella più piccola della batteria si effettua il prelievo di una parte di aceto balsamico maturo, destinano poi al consumo. Ciò non deve avvenire prima di 12 anni di vita della batteria.

Successivamente, si procede al travaso, ovvero al passaggio dell’aceto da una botticella all’altra della stessa batteria al fine di ripristinare i livello di liquido all’interno di tutte le botti. Questa operazione si effettua aspirando attraverso un tubo di gomma inserito dall’alto della botte, evitando di rimuovere i sedimenti sul fondo.

In ultimo, viene effettuato il rincalzo, ovvero il rabbocco annuale con il mosto cotto, preparato durante l’autunno precedente.

Esami analitici e organolettici

L’Aceto Balsamico Tradizionale, prima di essere destinato al consumo, deve essere sottoposto a specifici esami analitici e organolettici, il cui superamento è condizione indispensabile per la sua commercializzazione. Dopo l’imbottigliamento, il prodotto viene identificato tramite un contrassegno speciale e numerato.

Confezionamento

L’imbottigliamento del prodotto giudicato idoneo deve avvenire all’interno della provincia di Modena, utilizzando contenitori conformi ai parametri indicati nel disciplinare di produzione.

L’aceto balsamico si può fare in casa?

A parità di produzione artigianale, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si può fare sia in casa che in acetaia.

Nel primo caso, è normalmente destinato al consumo privato.

Nel secondo caso, è destinato alla vendita.

In base a quanto riportato sopra, risulta chiaro che in passato l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si faceva solo nei solai delle case quando le acetaie, così come le conosciamo oggi, non esistevano ancora. Usando quindi lo stesso metodo, si può fare in casa ancora oggi. L’Aceto Balsamico di Modena, invece, ha conosciuto una vera diffusione proprio grazie alle acetaie, o acetifici, dove viene prodotto e, spesso, imbottigliato in quantità maggiore, in virtù del fatto che i suoi tempi di produzione sono inferiori rispetto a quelli per l’aceto balsamico tradizionale.

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena: una tradizione che si tramanda in famiglia

Il balsamico tradizionale nasceva nei solai delle dimore di campagna, ad uso esclusivamente familiare, quindi non commerciale, per una tradizione iniziata da nonni, bisnonni o trisavoli e che veniva tramandata, nell’arco dei secoli, alle generazioni successive. Si pensi che, secondo un’usanza locale alquanto diffusa, una batteria di aceto balsamico veniva data in dote alla figlia che si sposava. E talvolta accade ancora.

Solo in epoca relativamente recente, la crescente diffusione dell’aceto balsamico tradizionale ha portato a un aumento della richiesta da parte dei consumatori, con conseguente trasferimento della sua produzione, con finalità commerciali, anche nelle acetaie.

Da qui, ha avuto inizio il percorso per l’ottenimento dei marchi europei di denominazione e identificazione, divenuti necessari allo scopo di stabilire parametri di qualità che fossero oggettivi, riconoscibili e condivisibili sul mercato.

Comunque sia, anocra oggi l’aceto balsamico tradizionale si può fare in casa.

Resta, infatti, una pratica ancora molto diffusa tra numerose famiglie di Modena e di Reggio Emilia che desiderano dare continuità alla tradizione e che, in molti casi, sono già in possesso di conoscenze e strumenti utili alla sua produzione.

L’aceto balsamico fatto in casa secondo il metodo tradizionale può essere sottoposto alla valutazione di giurie di esperti assaggiatori e partecipare a gare e palii ufficiali che hanno lo scopo di premiare, e incentivare la qualità delle produzioni domestiche e mantenere viva l’autentica cultura balsamica sul territorio.

A sua volta, l’aceto balsamico fatto in acetaia, e destinato quindi alla vendita, è soggetto a esami specifici per poter ottenere il marchio di Denominazione di Origine Protetta, e deve rispondere anch’esso a parametri qualitativi elevati.

Non è quindi facile stabilire se sia migliore l’aceto balsamico fatto in casa o quello fatto in acetaia dato che, al di là di qualsiasi valutazione tecnica oggettiva, ciò che spesso influenza la scelta di chi lo consuma è certamente anche il gusto e l’esperienza personale.

L’Aceto Balsamico di Modena e lo sviluppo delle acetaie

La produzione dell’Aceto Balsamico di Modena, invece, ha conosciuto una vera e propria diffusione grazie alle acetaie stesse e, pur restando fortemente radicato nel territorio e nelle sue tradizioni gastronomiche, è meno legato al contesto domestico dei solai, di cui sopra.

Infatti, l’impiego di diversi ingredienti in proporzioni variabili, come specificato nel rispettivo disciplinare di produzione, impone di avere un buon livello di competenze in ambito chimico-alimentare e specifici strumenti per la produzione che, difficilmente, possono essere replicati in casa.

Tuttavia, anche nel caso ci fossero le condizioni per provare a farlo in casa, bisogna sempre tenere presente che si tratta di un alimento e, in quanto tale, è sconsigliabile improvvisarne la produzione senza avere la certezza della salubrità e della sicurezza del prodotto finale.

Oggi, in realtà, il mercato offre una vasta gamma di prodotti che nascono in acetaie situate nelle zone di produzione dell’aceto balsamico, la cui competenza ed esperienza sono garanzia di qualità. Ciò non esclude, ovviamente che si possa continuare a fare il balsamico tradizionale in casa per uso personale; tuttavia, a chi vive altrove, anche all’estero, o a chi non ha le competenze adeguate per farlo, le acetaie offrono la possibilità di acquistare un prodotto sicuro e di pregio.